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Essendo capace di intendere….: testamento 1

Salvatore De Matteis – avvocato e politico, senatore per tre legislature dal 1968 al 1979 e poi sovrintendente dell’Archivio notarile di Napoli- ha curato la raccolta di un secolo di testamenti olografi, tratti dagli Archivi notarili o di stato nell’interessante opera “Essendo capace di intendere e di volere”, ed. Sellerio

Involontariamente comiche, surreali e strampalate, le ultime volontà di persone di un’Italia di scarsa alfabetizzazione, esprimono il bisogno di raccontarsi; quasi una confessione, una ricerca di giustizia che non si è avuta in vita, un’ansia di far sopravvivere la propria storia nella memoria della generazione successiva. Chi scrive il testamento di proprio pugno, di fronte alla propria coscienza, esprime riconoscenza, odio, risentimento, solitudine, amore, gelosia, indignazione, tutti sentimenti forti, forse tenuti nascosti e repressi che di fronte al pensiero del momento definitivo finalmente trovano la strada per essere urlati o sussurrati, ma comunque espressi.

Occorre ribadire che le leggi che riguardano il testamento, di cui ci si occupa poco volentieri, un po’ per pudore, un po’ per scaramanzia, bisogna conoscerle e che la drammatica frase: “ti diseredo!” esiste solo nei romanzi e nei film.

Testamento 1“Spiacente di avervi conosciuto” Ho scritto questo mio testamento la notte del 23 aprile 1954 alle ore 01 cioè praticamente il giorno 24 aprile 1954 mentre ero in servizio in clinica. Credo che questa data è significativa perché coincide col mio onomastico. Per la speciale ricorrenza di cui mai una volta vi siete ricordati, ho deciso di fare io a voi un regalo: vi comunico di avervi diseredato. Ho infatti alienato gradualmente il mio patrimonio immobiliare e donato il danaro che ne ho ricavato. Mi auguro di avere tempo e abilità sufficiente per sottrarvi ciò che resta. Nel caso tuttavia che mi sopravvivessero dei beni, ne nomino beneficiario la clinica sperando che conoscendo i nostri reciproci sentimenti, abbiate l’orgoglio e il buon gusto di non impugnare il presente testamento. Siete dunque sul lastrico e da qualche anno vivete al di sopra delle vostre possibilità. Quando ne sarete informati, sarà tardi per ogni rimedio e avrete finalmente un buon motivo per portarmi rancore per tutto il resto della vostra vita. Spiacente di avervi conosciuto. Mi auguro di non rivedervi mai più.

Testamento 2: Se morirebbe prima mia moglie” Testamento di me medesimo malato tisico, lucido di mente, scritto a mano contro mia moglie Maria Cannavacciuolo maritata Buonomo Gennaro che sarei io. Se morirebbe prima mia moglie di me sarei grato a San Gennaro a ceri e fiori finacchè campo. Ma lei si è sempre curata bene e schiatta di salute alla faccia mia che non ce speranza, io credo. Approfitto della controra che sta’ stravvaccata sopralletto per scrivere nascostamente nel gabinetto su carta tipo igienica il mio lascito testamento di robbe poche ma stentate, col sudore della fronte per tutta una vita onesta ma sfortunata. Che se si sveglia sono mazzate. Non avendo la infamona fatti i figli perché è arida di panza e di cuore, lascio il basso di abitazione a mio nipote Libberato figlio di mio fratello Vittorino. A mia nipote Italia, sempre figlia di Vittorino, lascio per dote la mobilia con la biancheria di correto, l’anello mio, la catenina e il curniciello (4) della buonanima del nonno. Non ciò altro. Quando sarò morto dovete cercare il mio testamento qui presente dietro all’armadio. Se non lo cercate dietro all’armadio non lo trovate, e allora è inutile che lo cercate.

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