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Diario di una neo pensionata – 1°puntata

1 puntata: la rubrica telefonica

Mi sono dimessa: ho consegnato la lettera. Nessun commento da parte dell’ufficio del personale, era una cosa attesa e prevista. Vado in pensione e nessuno mi trattiene. Fra un mese non verrò più qui tutte le mattine. E’ da 41 anni che ogni mattina entro qui e lavoro qui fino a che è buio. Ho fatto un lavoro magnifico, ma estenuante. Volevo fare quello che ho fatto anche se forse lo avrei potuto fare meglio in un contesto meglio organizzato, ma questa è un’altra storia.

Intanto per gli altri la vita va avanti: riunioni, piani di lavoro, turni, riorganizzazione. Ed è proprio nel piano di riorganizzazione che rientra il nuovo sistema telefonico. Stanno distribuendo i nuovi elenchi e ne consegnano uno anche a me. Mi viene spontaneo cercare il mio nome per vedere che “interno” avrò. Non ci sono più. Per nome, non ci sono, per cognome neppure, per reparto neanche. Basta sono scomparsa. Ci sono voluti 10 minuti e una nuova rubrica telefonica per cancellare la mia presenza e i miei 41 anni di “onorato servizio”. Mi viene la nausea, anche se sono io ad avere deciso e sono sempre io che non potevo più, ma non leggere più il mio nome, mi fa sentire tagliata fuori, esclusa, in un modo troppo violento.

Come sempre quando ho la sensazione che le cose che mi riguardano vengano decise da altri, mi arrabbio. Questa volta però mi sento anche frastornata oltre che un po’ offesa. Poi la ragione ha la meglio e mi metto a immaginare le mie nuove mattine senza sveglia, le mie giornate senza obblighi e soprattutto il telefono che non suonerà più perché non mi compete più di “dare il mio parere” o di “essere reperibile”. Sollievo e terrore.

Sarà vero quello che dicono in tanti circa il fatto che gli occidentali hanno cominciato a rovinarsi la vita quando si sono identificati con il loro lavoro: “sono quello che faccio” mi è sempre sembrata un’affermazione arrogante e povera, ma io sono figlia anche di questa cultura.

Chi sono allora adesso io? Ci credo davvero agli infinti orizzonti che mi si aprono dopo la pensione o invece mi sento infragilita e confusa perché sono solo una cittadina vicina ai 70 anni che può fare progetti solo a breve termine? Ho in odio quelli che escono dalla porta del lavoro e rientrano dalla finestra delle “consulenze”, ho sempre pensato fossero persone che non avevano faticato troppo prima, molto egoisti e con una vita vuota, ma ora capisco che la mente possa vacillare quando “esci dalla produzione” e farti fare passi incerti.

Vado a prendere la macchina al parcheggio dell’istituto e all’uscita il guardiano mi fa firmare un modulo. Lo leggo e ci vedo la scadenza del mio posto auto: da fine mese non potrò più parcheggiare all’interno. Giusto, ma un altro calcio nel culo. Trovo che siano di un’efficienza straordinaria gli amministrativi del 5 piano a cancellare nomi, numeri, storie…. Telefono, parcheggio e cosa mai ancora?

Devo smettere di stupirmi, di sentirmi offesa, di sentirmi un calzino bucato devo lasciare che questa novità mi invada e si assesti per poterne tirare fuori tutte le cose belle che so che ci saranno e che sono anni che spero avvengano. In fondo sono sfinita dal lavoro, dalle responsabilità, dalle prestazioni sempre più insensate…. o no? E allora….. lasciamo che la terza età venga a me!

Intanto mi devo ricordare di andare ad ordinare le pizzette per la festa di “pensionamento” che mi stanno organizzando i miei amati e odiati colleghi…. Si usa così…. E in tempi in cui sono pochi quelli che se ne vanno per “raggiunti limiti di età” e tanti invece per un bel “licenziamento da riduzione di personale…” bisogna festeggiare il fatto che ce l’abbiamo fatta ad arrivare così bene fino a qui.

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