Uno dei temi fondamentali del presente e del futuro è il modello abitativo, vale a dire forme abitative con caratteristiche adatte alle persone anziane. Come è noto la maggior parte degli anziani desidera rimanere il più a lungo possibile nella propria casa e nel quartiere di sempre e possibilmente in autonomia. Ma le abitazioni presentano spesso barriere architettoniche e non sono predisposte per accogliere anziani con difficoltà motorie. D’altro canto, diventa sempre più urgente e utile costruire un ambiente favorevole e soluzioni necessarie a sostenere le persone anziane affinché autonomamente facciano fronte alle loro esigenze quotidiane. E’ il numero crescente di anziani a imporlo.
Molti paesi hanno incentivato modelli d’intervento orientati a ripensare il concetto di “Abitare”: dalle politiche di edilizia per adeguare le abitazioni superando le barriere architettoniche, a modelli diversi di housing sociale, fino a sperimentazioni di forme abitative integrate, sostenute da servizi accessori e assistenza domiciliare.
Dall’inizio del nuovo millennio, l’Europa ha avviato un welfare orientato verso soluzioni abitative le cui caratteristiche rispondono alle necessità della vecchiaia. Alcuni paesi hanno tradotto queste indicazioni in strategie politiche con nuove forme di welfare, mettendo in discussione i paradigmi tradizionali, per esempio il confine fra “residenzialità” e servizio di “home care”.
Nei paesi scandinavi e in Olanda le politiche di welfare avviate rispondono a logiche nuove: le politiche governative favoriscono la diffusione di alloggi privi di barriere architettoniche, ben localizzati, ben integrati nel tessuto cittadino e della comunità e arricchiti da servizi, tra cui quello di assistenza domiciliare (“home care”). I servizi domiciliari sono pensati come sostegno quotidiano.
La Danimarca già nel 1986 aveva sancito l’impossibilità di costruire ricoveri per anziani decidendo di avviare un sistema basato su: abitazioni adatte o adattabili alla vecchiaia, ben localizzate e integrate nel tessuto urbano e successivamente introdusse la riforma delle case di ricovero e ulteriori incrementi per gli interventi di housing sociale.
Occorre tenere presente che il modello abitare leggero (o residenzialità sociale) è orientato a favorire la vita autonoma, indipendente e, in caso di necessità, a sostenere le prime esigenze di vita assistita. Sono forme abitative che permettono di superare le istituzioni di ricovero sanitarizzate (es. RSA, residenza sanitaria assistenziale) fornendo le cure necessarie. Il caso della Danimarca dimostra tale tendenza; nel 1996 le case di cura erano 36.444 mentre nel 2010 il numero crolla e se ne contano solo 8.761. Nello stesso periodo le case di assistenza sociale sono passate da 22.791 a 71.494. In prospettiva anche in Italia l’abitare leggero potrebbe svilupparsi ricoprendo un ruolo sempre più rilevante nello spazio intermedio tra le case di riposo e il domicilio privato.
Nei progetti di residenzialità sociale si adottano forme organizzative che valorizzano in modo particolare la relazione, la cura e l’attenzione ai sintomi della solitudine.
Ciò è facilitato anche dalle ridotte dimensioni che rassicurano rispetto alla paura di essere escluso dalla vita relazionale più in generale.
Le nuove e varie soluzioni dell’Abitare per facilitare la vita indipendente e autonoma sono, come è stato detto, arricchite da servizi accessori e ben integrati nei servizi delle comunità, che facilitano anche la vita quotidiana di anziani con difficoltà abitative e d’interazione con la vita urbana.
Mina Bergamaschi