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La quarantena delle donne singole

Le difficoltà dovute alla crisi del Covid-19 e alle sue conseguenze economiche stanno colpendo tutti i genitori, ma in modo particolarmente acuto colpiscono le madri singole, molte delle quali lottavano già tra mille difficoltà. Circa un quarto dei bambini negli Usa vive con un genitore singolo, la più alta quota rispetto a qualsiasi parte del mondo. New York è stata la città americana più colpita dalla pandemia, e dove vivono più 420,000 bambini con parenti singoli, prevalentemente madri singole.   I racconti di alcune madri singole esemplificano come si presentano le loro difficoltà.    

Il marito di Shoshana Chertson è morto improvvisamente all’inizio del 2019, quando la loro bambina aveva 2 anni. Da allora lei, poco più che trentenne, non ha più potuto proseguire il suo lavoro di ostetrica dato l’incertezza dell’orario di lavoro per una madre singola. Fino all’autunno passato aveva un lavoro diurno come cameriera in un ristorante a Nordstrom in Manhattan e portava la bambina in un asilo vicino casa. Nel fine settimana si arrangiava con amici anche loro con figli. Dopo un anno di vedovanza cominciò a sentirsi meno sola e la “la vita iniziò a assumere un tran tran migliore”. Ora, con il Covid-19, il ristorante e il day care sono chiusi. Gli appuntamenti di gioco con gli amici non sono più possibili. I compiti basilari – dalla spesa al lavaggio dei panni – sono sempre più complicati quando una mamma è sola con un baby; sono snervanti.   Teama Mendoza, una madre singola di 21 anni con tre figli, con età da 2 a 6 anni, si arrangiava nel tempo ricavato dal lavoro in un piccolo negozio in Harlem. Il maggiore dei bambini era a scuola, i due minori alla scuola materna e tutte tre i bambini avevano la colazione e il pranzo gratis. Mendoza guadagnava abbastanza per pagarsi l’affitto della stanza per loro quattro nel Bronx e per comperare il cibo per la cena. Ma da quando è stata licenziata dal suo lavoro, che ha chiuso, ha perduto anche la stanza dove viveva con i suoi figli. “Al momento sto andando da una casa all’altra di amici con i bambini.. sono impaurita  all’idea  di portare i miei figli in un orfanatrofio, anche perché ho paura che si infettino e prendano il virus”. Ha provato ad avere del cibo dalla mensa locale, ma in genere quando riesce ad arrivare non c’è più nulla. Poiché lavorava in nero non può chiedere la disoccupazione.    Simone Colbert, una signora di 32 anni impiegata, sta tentando di lavorare da casa con due figli di cinque e dieci anni. Poiché vive vicina ad un ospedale è molto preoccupata, impaurita dalla diffusione dell’epidemia e non lascia che i suoi figli vadano fuori nonostante la loro irrequietezza (suo figlio minore corre tutto il giorno nell’appartamento provocando disagi non gestibili anche con i vicini).  Questa situazione provoca stress e paure oltre a un sovraccarico di lavoro. “E’difficile per me fare il mio lavoro, essere il capo degli insegnanti e trovare il tempo per accudire i figli. Alcuni giorni mi sento come se mi sciogliessi”.

Sono storie emblematiche che riflettono la posizione delle donne nel mercato del lavoro. Nella passata recessione (2008) la perdita di lavoro ha riguardato i lavori maschili. Nella Grande recessione, i maschi che persero il lavoro furono circa 80%.  Marina Adshade, membro della facoltà della scuola economica di Vancouver all’Università della British Columbia (Canada), ha studiato il ruolo delle donne nella società mettendo in evidenza che perfino nella Grande depressione le donne mantennero il lavoro e molte trovarono delle occupazioni come insegnanti, impiegate, infermiere, domestiche. Lavori pagati meno, ma anche più stabili. Attualmente molte delle industrie che occupano manodopera femminile, come scuole materne, industrie alberghiere, pulizie, commercio, agenzie viaggi, settore dei servizi, stanno implodendo. Molti dei lavori dominati dagli uomini – autisti, camionisti, magazzinieri, il top management in molte industrie – sono, invece, restati intatti. Le statistiche di molti stati Americani dimostrano che la maggiore disoccupazione dichiarata è quella delle donne. A New York, più della metà delle dichiarazioni della disoccupazione compilate nelle ultime due settimane di marzo erano di donne, a confronto della media annuale del 37%. Questo numero non comprende chi lavora come freelance e nella gig economy. “I lavori mal pagati che sono per lo più svolti dalle donne, sono spariti e sono anche quelli dove non c’è protezione come la disoccupazione e la liquidazione”. Secondo un analista del Times, uno su tre dei lavori svolti da donne sono stati classificati come essenziali durante la pandemia.  Diversa appare la situazione delle madri singole in Canada, secondo la ricerca svolta da Adshade, dove le cure sanitarie sono gratuite (le coppie non sposate godono delle stesse agevolazioni di quelle sposate) e dove chi ha perso il lavoro riceve un sussidio mensile, con altri emolumenti per i bambini. In un indagine su di come la pandemia abbia colpito le famiglie con figli piccoli, tra le osservazioni sulle coppie che litigano e bambini in confusione, ci sono storie anche di ricongiungimenti: di come il rifugiarsi in un unico posto abbia riportato l’unità familiare, o di padri confinati a casa che si dedicano maggiormente ai lavori domestici e alla cura dei figli.   Tuttavia la crisi causata dal Ciovid-19 ha messo in luce due fatti, il primo sul mercato del lavoro e il secondo per le madri singole. Oramai i datori di lavoro stanno scoprendo come molte mansioni possa esser assolte “in remoto”, e si è diffusa la voce che chi ha la fortuna di poter conservare il suo lavoro può trovarsi nella posizione di chiedere condizioni di lavoro più flessibili e un maggior equilibrio tra i tempi degli ordini di lavoro che gli arrivano e gli impegni famigliari.   Il secondo dato da sottolineare è l’assenza di iniziative politiche e sociali per genitori singoli. Nulla è cambiato e nulla si è fatto C’è poco da dire sul valore che viene dato a queste situazioni. Soshana Cherson, mentre si prende  cura della propria figlia e  tenta di trovare  un impiego, sta promuovendo su Instagram una comunità virtuale di genitori singoli per “ aiutare gli altri a sentirsi meno soli”. (da un articolo di Emily Bobrow, “How single mothers in New York City are coping with quarantine” pubblicato da The New Yorker, 21 aprile 2020)

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