Il nuovo scritto di Titti Marrone affronta un tema di scottante attualità: il rapporto di una donna con la badante di sua madre, toccando quindi anche il tema della difficoltà nell’accoglienza a un tipo di migranti che crediamo bene integrati.
Eleonora è una filosofa, insegna studi di genere, frequenta amici intellettuali e progressisti, ha un marito narciso e una figlia all’estero. Tutto bene? No, non proprio, perché – complice l’età che avanza – Eleonora si trova in preda ad una sorta di spaesamento interiore. Forse perché ha un’anziana madre demente da accudire. Ed ecco l’incontro con Alina, una efficientissima badante moldava. Il confronto tra le due donne – che fanno entrambe perno sulla terza, la vecchia madre – è come una deflagrazione: si specchiano l’una nell’altra e si detestano per questo. Pensano di essere diversissime, invece sono accomunate dall’attitudine al controllo delle vite altrui e via via da una reciproca dipendenza che non riescono a tollerare. Entrambe si trovano d’un tratto a essere capovolte: cioè tradite, deluse dove meno se l’aspettavano, perdendo l’illusione di dominio delle esistenze familiari. E nello scritto di Titti Marrone ciascuna racconta la sua esistenza direttamente, per la sua parte, in brevi, spietati e a volte ironici lampi di coscienza contrapposti: un susseguirsi di personaggi e d’involontaria feroce comicità sulla vecchiaia, la malattia, i piccoli trucchi per fuggire dalle responsabilità.
La recensione è a cura della Casa Editrice Iacobellieditore Collana Frammenti di memoria