Ragazze, ragazzine, bambine, c’eravamo già tutte e la bomba di Piazza Fontana la ricordiamo: le milanesi di più perché ne sono state sfiorate e ne hanno sentito il rombo, ma anche le altre non la dimenticano. Un giorno di 50 anni fa che ha segnato non solo la storia, ma anche le nostre generazioni.
È stata la prima strage, è stato il primo frutto criminale della strategia della tensione, è stata la prima morte vissuta collettivamente; poi ne sono seguite tante, troppe.
Noi ragazze, nel 1969 vivevamo affascinate dalle minigonne di Mary Quant, litigavamo in casa per mettere dei jeans di due taglie più piccoli con sopra dei “minipull” che non coprivano l’ombelico, contestavamo nelle scuole e manifestavamo nei cortei con i lavoratori; eravamo già innamorate e facevamo i conti con i dilemmi di una sessualità che ci proponeva nuove libertà di scelta.
In mezzo a quella società in grandissimo fermento, piena d’idee, di novità, di speranze, l’esplosione della bomba è sembrata far crollare i ponti verso un mondo nuovo. Per un po’ tutto è diventato nero pece.
Abbiamo capito allora che non si stava scherzando e che quello che a noi sembrava il diritto della nostra gioventù a cambiare tutto, avrebbe trovato degli assassini come ostacoli. Forse è per quello che la nostra generazione è diventata quella che è diventata: non stiamo in un aggettivo, non stiamo in un apprezzamento e non stiamo in un insulto, ma comunque la si definisca abbiamo vissuto e incarnato quel cambiamento.
Dopo Piazza Fontana, di stragi ne abbiamo viste troppe abbiamo presto imparato e capire come si stava manipolando la verità, ma questa prima reazione delle forze della “reazione” a quello che stava succedendo nel 1969 in Italia, ci ha colto impreparate e ci ha lasciato stordite e incredule.
Si sono susseguiti giorni convulsi, tristissimi, arrabbiati. Hanno tentato di tutto per ricacciare ragazze e ragazzi nell’angolo, ma non ci sono riusciti. La verità purtroppo non ha ancora trionfato, ma noi abbiamo continuato a cercarla.
Sono passati 50 anni e noi siamo delle donne con molta vita alle spalle e molti ricordi. Quel 12 dicembre lo ricordiamo tutte e tutte sappiamo dove eravamo in quel momento… A studiare, a lavorare, a spasso, in giro per negozi (allora non si diceva fare shopping), o tra le braccia dell’amore del momento. Aprire questo angolo della memoria si trascina dietro nomi, facce, situazioni e ci fa del bene. Ricordare come eravamo aiuta sempre a capire non solo il passato, ma anche il nostro presente.