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Coronavirus: La meravigliosa sanità lombarda

Tante notizie su cause, diffusione, rischi, molti documenti che ci arrivano, anche molte polemiche, la loro lettura può servire ad allontanare la paura o forse ad aumentarla, comunque a tentare di esorcizzarla e soprattutto a dare motivazioni e a guardare più criticamente il futuro.

Ora e adesso il messaggio più importante è quello che la popolazione deve essere disciplinata e consapevole, attenta e sapere che se non si attiene alle regole (così difficile per la nostra cultura) può determinare non solo il propagarsi, ma anche il perdurare dell’epidemia.

Il picco che stiamo osservando è sicuramente determinato da più fattori concomitanti , con diversità da provincia a provincia e da regione a regione, ma sicuramente fotografa il picco di contagio e di mortalità entro i 15 giorni da quando sono state emanate le restrizioni maggiori, che peraltro non sono seguite dalla maggioranza delle persone come invece in Cina, diversa culturalmente e politicamente. A cio’ si aggiunge una scarsa consuetudine alla prevenzione sia a livello degli operatori sanitari, sia a livello di tutti coloro che lavorano nel pubblico impiego, aggravata da una disordinata e insufficiente distribuzione dei dispositivi di protezione. Inoltre cio’ che è mancato è stato un piano di emergenza attuato tempestivamente. Il consiglio quindi o meglio l’esortazione è quella di concentrarsi su quelle regole che sono alla base di un blocco dei contagi, sapendo anche che nel momento in cui questi diminuiranno , non dovremo abbassare la guardia, aldilà di tutto cio’ che potremo leggere attraverso i media.

Certo è che da questa epidemia emergono molte falle nel nostro sistema sanitario, in particolare in Lombardia dove il virus ha colpito in maniera eccezionale e i dati lo dimostrano giorno dopo giorno. Molte associazioni e movimenti hanno analizzato i principali punti deboli di una politica sanitaria che negli ultimi vent’anni ha depauperato, sguarnito, mortificato il Servizio pubblico e i suoi operatori con scelte che hanno palesemente dimostrato come di fronte ad un’emergenza come quella di una pandemia, evento poi non così inimmaginabile, non si sono affrontati alcuni aspetti (in primis quello territoriale) con una strategia adeguata e coordinata.

Speriamo che questa epocale esperienza , che cambierà radicalmente il nostro modo di vivere e i rapporti politico-sociali-economici possa determinare una svolta e una profonda revisione delle priorità da considerare in un Servizio Sanitario Pubblico eccellente non solo a parole per avere un corpo sanitario non ‘eroico’ e mandato allo sbaraglio, ma messo nelle condizioni di lavorare in modo eccellente.

La meravigliosa sanità lombarda

È tornato Bertolaso. Ora manca Formigoni e poi la restaurazione sarà completa. L’emergenza coronavirus in Lombardia fa emergere un problema che resterà anche quando (speriamo presto) l’emergenza sarà passata: il pesante sbilanciamento a favore del privato del sistema sanitario lombardo. Il modello Formigoni, oggi sostenuto e implementato dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore Giulio Gallera, ha affrontato l’emergenza coinvolgendo anche il settore privato.

I medici e tutto il personale sanitario dei due principali gruppi privati in Lombardia, San Raffaele (famiglia Rotelli) e Humanitas (gruppo Rocca-Techint), si stanno in queste settimane impegnando a fondo, anche con notevoli sacrifici personali. Ma resta, al di là dell’impegno dei singoli, la distorsione del sistema.

Il sistema sanitario lombardo ha da anni cambiato natura. I gruppi privati hanno ormai conquistato la maggioranza del quasi-mercato della sanità (non è un mercato, perché a pagare, anche le strutture private, è sempre il pubblico). E hanno dunque sviluppato le prestazioni più remunerative. Un reparto malattie infettive remunerativo non è: dunque perché investirci dei soldi? Poi arriva il Covid-19 e il sistema collassa.

Roberto Formigoni è stato condannato per associazione a delinquere e corruzione, per avere intascato almeno 6,6 milioni di euro in cambio di almeno 200 milioni dirottati dalle casse della sanità regionale verso le cliniche e gli istituti privati, il San Raffaele e la Maugeri. Ma non è il suo danno peggiore. Dalla metà degli anni Novanta a oggi, la sua riforma ha più che dimezzato i posti letto pubblici in Lombardia. Ecco uno dei motivi di debolezza del sistema di fronte all’emergenza virus.

Nel 1994 il sistema sanitario lombardo poteva contare su 27 ospedali, 5 strutture “classificate” (religiose, ma considerate pubbliche), 5 Irccs (gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico: le eccellenze), 3 università (Milano, Pavia, Brescia). Il privato aveva 52 strutture, 6 Irccs, zero università. Oggi è cresciuto a 102 strutture, ben 21 Irccs e 4 università (San Raffaele, Humanitas più due progetti), mentre il pubblico si è grandemente ridimensionato.

Oggi in Lombardia è già avvenuto il sorpasso privato-pubblico. I dati totali dell’ultimo anno con dati disponibili, il 2017, ancora non lo rilevano, ma già dicono che il privato incamera in proporzione più risorse del pubblico. Su 1,441 milioni di ricoveri, 947 mila (il 65%) sono negli ospedali pubblici, 495 (il 35%) nelle strutture private. Ma il privato incassa 2,153 miliardi di euro sui 5,4 totali (il 40%), contro i 3,271 del pubblico. Dunque il 35% dei ricoveri incassa il 40% delle risorse impegnate dalla Regione Lombardia.

La tendenza è la stessa per le visite ambulatoriali e gli esami: su 160 milioni di prestazioni, il pubblico ne eroga 93,3 milioni (il 58%), il privato 66,6 (il 42%), ma il primo incassa 1,6 miliardi di euro (il 57%) su un totale di 2,8 miliardi di euro, il secondo 1,2 miliardi (il 43%). Quindi, anche qui, le prestazioni erogate dal privato hanno una remunerazione più elevata di quella del pubblico.

I dati sono quelli raccolti ed elaborati dalla professoressa Maria Elisa Sartor dell’Università Statale di Milano. L’anno del primo sorpasso privato-pubblico è già il 2015, quando gli incassi per le prestazioni di un settore (la diagnostica strumentale e per immagini) vanno per il 52% ai privati contro il 48% al pubblico. Da allora, lo sbilanciamento diventa di anno in anno maggiore. In numero di strutture, siamo al pareggio: su 198 strutture sanitarie in Lombardia, 99 sono private e 99 pubbliche. Ma in alcune aree (le più ricche e significative) il sorpasso è già avvenuto: a Milano (31 a 26), a Bergamo (14 a 9), a Como (8 a 4), a Mantova (6 a 4).

I posti letto sono comunque ancora di più nel settore pubblico, perché le sue strutture hanno dimensioni maggiori. Ma in vent’anni, i posti letto pubblici sono più che dimezzati. In soldi incassati, il sorpasso è già avvenuto (dal 2017) a Como: 145 milioni di euro per ricoveri in strutture private, 105 nel pubblico. In altre aree ci siamo quasi: a Milano il privato incassa il 47% della torta, a Bergamo il 44%, a Brescia il 43%, a Pavia il 37%, a Mantova il 36%, a Monza-Brianza il 33%.

Questi i dati ufficiali, ma i soldi (sempre pubblici!) incamerati dai privati sono molti di più – e quindi il sorpasso, ancora invisibile, è in realtà già avvenuto – se si considerano le sovra-tariffazioni riguardanti gli Irccs (21 privati, solo 6 pubblici) e i poli universitari (passati da zero a 4). Bene: la sanità lombarda è un’eccellenza e ce la invidiano in tutta Italia. Ma poi arriva un virus e il castello trema.

di Gianni Barbacetto

18 marzo 2020

 

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